Le Testimonianze
Paola Colella, 38 anni oggi, racconta la sua vicenda per essere di aiuto alle altre nella sua condizione. «Ho già partecipato alla staffetta della Milano Marathon il 12 aprile. 10 chilometri e 300 metri. I più lunghi della mia vita…!».

Ma si riscuote subito: «Anche belli, devo dire, perché ce l’ho fatta. Del resto io ho deciso dal primo momento di non essere una malata. Ma sì, il nostro compito di pazienti, accanto all’impegno dei medici, è proprio di vivere, fare come sempre, fare come se. Come se la malattia non ci fosse».

Lei spera di averla battuta. «Mi sono operata allo Ieo di Milano subito venti giorni dopo l’ecografia che ha rivelato il male. Quadrantectomia, così il seno è rimasto perfetto. Ho fatto un mese di radioterapia e sette di chemioterapia, ci sono stati dei mesi pesantissimi. Per tre non ho potuto lavorare. Ho anche perso i capelli, ma non ho messo la parrucca. Al massimo un foulard».

La battagliera Paola come lavoro si occupa di formazione e ricerca del personale. Nel tempo libero già faceva qualche corsa a livello amatoriale. «La corsa ti tempra la testa: le migliori idee mi sono venute tutte correndo». Aggiunge che la malattia, il “terribile” cancro, le ha cambiato anche l’animo: «Ho priorità diverse, adesso. Lascio correre tante cose per cui prima me la sarei presa. Ho un modo più rilassato di procedere».

Mentre finisce la chemio di tipo più leggero, calcola e progetta. «Nel mio tipo di tumore il rischio di una ricaduta è alto nei primi 3 anni, poi si ha lo stesso rischio delle donne che non sono mai state colpite. E dopo 5, ecco, è la guarigione. Mah, quasi quasi potrei anche fare un figlio in extremis…».

Continua: «Io sono un tipo molto positivo. Se per le cure sento stanchezza, mi dico: domani andrà meglio». Proprio come l’indomita Rossella O’ Hara in Via col vento: «Domani è un altro giorno!»

Facevo la chemio al venerdì così stavo male nel weekend e il lunedì ero in ufficio, inappuntabile. Nessuno sapeva niente, tranne l’avvocato per cui lavoravo.

Il brutto della chemio è che ti distrugge le vene, così quando si deve affondare un ago non si sa dove farlo… L’anno dopo mi sono sposata e ho aspettato cinque anni prima di avere dei figli. Poi ne ho avuti due, oggi di 17 e 12 anni. Ero serena: mi sentivo protetta perché ero nella “rete” dell’Istituto dei tumori di Milano che mi programmava gli esami da fare via via. Allora facevano anche la scintigrafia, quell’esame per sapere se sono state intaccate le ossa, quante ne ho fatte!

UNA STRANA MACCHINA – Dopo dieci anni sono uscita dai programmi dell’Istituto, ma ho continuato di mio a fare mammografia ed ecografia ogni anno. Finché un’amica non mi parlò di un medico di un grosso ospedale che disponeva di un nuovo, eccezionale macchinario, una pecie di thermoscan, di eco più sofisticata e precisa. Era un anno e mezzo che non facevo la mammografia, andai da questo medico (spendendo un patrimonio), tutto a posto, signora, stia tranquilla.

Ma dopo un mese notai che il mio capezzolo (era sempre il seno sinistro) appariva un po’ rientrante, tornai da quel medico e di nuovo mi rassicurò sull’esito del test con la sua macchina: non è niente. Io partii per le vacanze, ma il capezzolo non tornava a posto.

VENT’ANNI DOPO – Quando rientrai, cambiai medico. Mi fecero l’ago aspirato e dall’esame istologico venne fuori che avevo sì un tumore. Erano passati 20 anni, nessuno ti sa dire in questi casi se è una recidiva della vecchia malattia che si è ripresentata o se si tratta di una formazione cancerosa nuova.

Fui operata di nuovo, era il 2011, stavolta mastectomia: mi tolsero tutto il seno sinistro. Fu un intervento difficile perché il tumore era anche grosso, ma, soprattutto, i tessuti sottostanti erano stati distrutti dalla precedente radioterapia. Mi hanno così fatto un bel taglio, che si vede tuttora, sulla schiena per recuperare da lì un pezzo di muscolo da inserire nel petto. Naturalmente stavolta non potevo ripetere la radioterapia. Sulla chemio ci fu di nuovo la discussione su chi chemio sì e chi chemio no, vinsero i primi. Ma che strazio con le vene, distrutte! Una volta l’ago della fleboclisi dovettero infilarmelo in un piede…

LA TESTA NUDA E I FIGLI – Stavolta sono andata in depressione, ho perso i capelli ed è stato un problema con i figli, spaventati da quella mia testa nuda, soprattutto il piccolo. Certo, avevo cercato di sdrammatizzare facendo giochi con la parrucca, però mio figlio minore si è tranquillizzato solo dopo che i capelli mi sono ricresciuti e non li ho avuti proprio lunghi. Ma c’è stato un altro problema, la ferita non cicatrizzava, allora il chirurgo plastico è intervenuto con quattro operazioni: mi prendeva delle cellule staminali dalle gambe e me le iniettava nel petto perché formassero un nuovo tessuto. Questo è servito molto, ora al posto del seno sinistro ho una protesi normale, una protesi mi è stata messa anche dalla parte destra diciamo per “pareggiare” il volume dei due seni.
Certo, non ho il capezzolo, con altri interventi potrebbero costruirmelo, ma non ho più voglia di altre operazioni. Resto così.

L’ESAME DELLA JOLIE – Piuttosto mi hanno fatto l’esame genetico per vedere se ho i geni del cancro, quelli per intenderci che hanno indotto Angelina Jolie a farsi togliere tutto, anche l’utero, però io non li ho. Ma ero disposta a farmi togliere l’altro seno e le ovaie. C’è chi mi dice che nel tempo dovrei fare quest’intervento radicale, altri dicono che a provocare il male sono le tube e che basterebbe togliere queste, come misura precauzionale.

MAI UN SOLO MEDICO – Per adesso sono senza cure dal 2012, a parte la cura ormonale in pastiglie. E sono controllatissima con gli esami, prima ogni tre mesi, poi ogni sei.
Concludendo, sono stata piuttosto sfortunata, a una mia amica che hanno operato da poco al seno è stata fatta la radioterapia durante l’intervento… Comunque posso dire qualcosa alle donne che purtroppo si scoprissero con un nodulo sospetto: non fidarsi delle cose nuove, andare in una grossa struttura che poi, una volta operata, ti mette nella sua “rete” programmandoti gli esami, infine non ascoltare mai un solo medico, ma più pareri come – nel mio caso – sull’opportunità o no di fare la chemio.

E poi i controlli: mai saltarli, mai allentare la guardia. E tenere viva la speranza.

Barbara, 50 anni, Milano

‘ vicino all’arcata ascellare. Ago aspirato e, in attesa del referto istologico,
vacanze. Ero tranquilla? Sì, però..

Bene, l’8 settembre mi operano, poi via con sei chemioterapie, una ogni tre settimane, pesantissime. Per cinque giorni stavo a letto, una nausea da non reggere. UNA “PELATA” ELEGANTE – Certo, mi sono caduti anche i capelli, ma l’ho affrontata abbastanza bene, tale era la mia voglia di vivere. Ironia della sorte, io sono parrucchiera e in negozio a volte, per il fastidio, mi toglievo la parrucca, e le mie clienti dicevano che stavo tanto bene così pelata… Eh, una gran parte del mio farcela sta nel fatto di avere un buon contorno, amiche carissime, clienti affezionate e affettuose…

Non basta la pelata, prendevo anche del cortisone, non so se è stato questo, sono cresciuta di 15 kg. Tra l’altro abbiamo deciso con i medici di sospendermi le mestruazioni per proteggere il sistema riproduttivo, nel caso volessi poi avere figli.

Ma non è finita qui la mia vicenda. Sto un po’ di mesi senza cure, poi a maggio 2012 comincio con le radioterapie tutti i giorni. Ne ho fatto dieci. Controlli. Il tumore è rinato: più piccolo ma anche più cattivo. Il 19 luglio nuova operazione, stavolta via tutto il seno sinistro, via tutti i linfonodi ascellari con un bello scavo, mi mettono una protesi, per fortuna ho il seno piccolo…

A VOLTE RITORNANO – Seguono 15 giorni di vacanze, poi a settembre attacco con un anno di chemio. Fino al 31 luglio 2013. Da allora non ho più fatto cure, i miei esami vanno divinamente bene. Ho perso i chili in più, eh sì, mi sono messa a mangiare bene, corro un po’ di più. A marzo di quest’anno ancora sotto i ferri, ma per la ricostruzione del seno. I controlli di mammografia ed ecografia li faccio ogni sei mesi, inoltre faccio la scintigrafia una volta all’anno per controllare le ossa e farò una risonanza magnetica per via delle protesi. Man mano i tempi tra i controlli si allungano. Naturalmente – ripetetelo a tutte, è fondamentale! – faccio l’autopalpazione. Fatela, donne! Ad ascoltare il proprio corpo si impara.

E poi, che cosa posso dire? Che il tumore mi ha cambiato. In meglio. Non so, forse ora apprezzo le piccole cose, mi lascio scivolare addosso tante cose brutte che prima, invece… Il risveglio è un gran momento. Come tutte quelle che hanno avuto la mia esperienza, credo, la mattina quando apro gli occhi e metto giù i piedi mi dico: Ci sono. Sono viva! E che gioia…

Donata, 40 anni, Varese